“Trovo che nei tempi andati vi erano venti Castella in questa Regione fabbricate sopra i diversi Monti, e Colli del Paese… i nomi delle quali sono…Amonai, Moscardo, Noiaris, Duron, Sudri…,delle quali oggi dìveggendosi pochissimi vestigi, ma solo vi sono rimaste le Chiese con i Villaggi di sotto nel pano, che hanno conservato il nome..“
Così riferisce nel 1565 il conte Iacopo Valvasone di Maniaco. La leggenda narra che una certa contessa veneziana di nome Priola, per colpe sentimentali, fosse stata relegata dalla famiglia in un castello, ubicato in un luogo ove ora sorge la chiesa di Ognissanti.
Dell’antico maniero però non si hanno tracce ed alcuni elementi venuti alla luce in recenti lavori di ristrutturazione sono troppo scarsi per convalidare l’ipotesi tramandata dai racconti popolari. Anche se sul colle, vista la sua strategica posizione, forse trovarono rifugio le popolazioni del luogo fin dai tempi remoti. Certo è che le frazioni di Peregula et Noiara sono menzionate fin dal 1176 in un documento in cui il papa Alessandro III dona queste terre al patriarca di Aquileia.
E l’antichità di Sutrio è confermata dal nome che, come ricordano Giovanni Marinelli e Michele Gortani “…rammenta troppo la Sutri etrusca perché non si possa credere ad un’importazione antica. La sua posizione e gli oggetti romani trovati sulla rupe di Ognissanti…nonché la tomba preromana che vi si nota tutt’ora, giustificano l’ipotesi che essa rappresenti uno dei più antichi insediamenti carnici. Continuano poi i due studiosi illustrando la floridezza economica del paese, che già negli anni venti occupava”…un centinaio di operai, la piccola industria casalinga dei mobili economici (specie cassettoni), che smerciavano soprattutto nella pianura friulana.
Sempre in quegli anni si contavano tre segherie, di cui una a lame multiple, un’officina elettrica, un battiferro, una fornace da calce e due latterie sociali ternarie che raccoglievano il prodotto dei seicento bovini da latte delle tre frazioni. Vi erano due cooperative di lavoro. Relativamente sviluppato era l’allevamento del baco da seta (100 once all’anno). Il comune possedeva cinque malghe e floridi boschi. Certo non era poco, in quegli anni economicamente così difficili per molti paesi della Carnia.
L’antica vocazione artigianale di Sutrio è peraltro confermata dall’interessante bottega, conservata nel Museo carnico delle arti e tradizioni popolari “M. Gortani” di Tolmezzo, appartenuta a Pietro Straulino, falegname di Sutrio operante nella prima metà dell’800.
I suoi attrezzi da lavoro (alcuni anche del secolo XVIII): seghe, accette, scuri, pialle (spesso ingentilite da eleganti motivi decorativi), succhielli, trivelli, banco da lavoro, un tornio antico, stanno a documentare non solo le varie tecniche artigianali, ma anche l’abilità degli antichi mastri carnici, il più delle volte, esecutori ed anche inventori dei propri arnesi.
La perizia ed il buon gusto locali sono testimoniati da un altro singolare personaggio: il sacerdote Giacomo Selenati che, come riferisce Domenico Molfetta “…nacque a Sutrio nel 1727. Il 02/08/1767, quando venne concessa la messa prima al paese, fu nominato cappellano di Sutrio. Amante dell’arte e del bello, nel 1770 ottiene con un’accorata supplica all‘Arcivescovo G. Gradenigo di poter conservare il tabernacolo di legno della Chiesa di Ognissanti che si voleva sostituire con uno di marmo…”.
Il Selenati fu soprattutto un raffinato cultore di musica e costruttore di organi. Alla sua abilità si devono gli antichi strumenti tuttora conservati nelle Chiese di S. Daniele a Paluzza, di San Pietro in Carnia e di San Matteo a Ravascletto. Don Giacomo Selenati morì a Sutrio nel 1776. La sua casa natale Casa dal Nodar è un signorile edificio ubicato al centro del Paese in cui ancora fortunatamente si conservano alcune memorie di questa illustre personalità.
Oltre alla casa del Nodar si possono ammirare nel paese altri significativi esempi di architettura locale, caratterizzanti i borghi più antichi (risalenti ai secoli XVII-XVIII e XIX) e fanno da suggestivo scenario ad alcune manifestazioni tra le più sentite della popolazione del luogo: Magia del Legno e Borghi e presepi.
Così, tra le secentesche logge sovrapposte, dal tardo sapore rinascimentale, e le sobrie facciate settecentesche, ingentilite da elementi ornamentali lapidei ed in ferro battuto, rivivono, grazie a questi appuntamenti annuali da non perdere, le tradizioni di un tempo che hanno fatto la storia di questa comunità dell’antica e genuina vocazione artigiana.
Ma la storia dell’arte e del gusto trovano soprattutto significativa testimonianza, assieme alla fede e alla venerazione per i Santi Patroni locali, negli edifici culturali, dove tuttora si conservano pregevoli tesori d’arte e preziose suppellettili sacre. La chiesa di maggiori dimensioni, posta in posizione dominante ed isolata sulla strada che porta alla frazione di Priola, è la parrocchiale di Ognissanti.
Menzionata nelle fonti storiche fin dal secolo XIV, la Chiesa risale nelle suo linee attuali ai primi anni dell’800 quando fu quasi interamente ricostruita su progetto dell’architetto Francesco Schiavi di Tolmezzo. L’edificio incorpora il precedente campanile, risalente al secolo XVII, e presenta all’interno nell’unica navata e nel presbiterio, decorazioni del pittore di Ligosullo Giovanni Moro, realizzate nei primi decenni di questo secolo. Tra gli altri meritano menzione: l’altare maggiore ligneo settecentesco, intagliato dal cadorino Eugenio Mangani con una pala coeva dipinta dal pittore Lorenzo Stridl di Mauthen; l’altare del Santo nome di Gesù, in legno intagliato con una pala dipinta da Giovanni Antonio Agostani nel 1630 circa. Pregevoli anche gli arredi intagliati, come la cantoria e gli armadi da sagrestia;preziosa l’argenteria che risale ai secoli XVII e XVIII e proveniente da Venezia e da Augsburg.
Non meno interessante, soprattutto dal punto di vista architettonico, si presenta, ubicata al centro del paese, la Chiesa di Sant’Ulderico, costruita alla metà del settecento dall’architetto tolmezzino Domenico Schiavi e consacrata nel 1791. L’insolita facciata dal sapore nordico tedesco, tripartita orizzontalmente, è fiancheggiata da due torri campanarie di cui una è rimasta incompiuta. Così come nel suo elegante interno, ad un’unica navata e cappelle laterali è rimasto incompiuto l’affresco del coro eseguito nel 1789 dal pittore veneziano Antonio Novelli, che reca ancora la scritta “qui il pittore non ha terminato per essersi aggiaciata la malta e venirà a terminare” ma il pittore, forse preso dagli impegni lagunari, a Sutrio non venne più a completare l’opera.

Tra i dipinti della chiesa, particolarmente interessante è la pala raffigurante S. Osvaldo, S. Antonio e S. Floriano, realizzata da Nicola Grassi nel 1728. La venerazione delle popolazioni locali verso i Santi, cari alla devozione popolare si è espressa anche nelle semplici, ma significative cappelle ubicate nelle frazioni del paese: a Priola, ad esempio, dove la piccola chiesa dell’Immacolata Concezione, è un sincero tributo con le sue sobrie linee architettoniche al gusto settecentesco, o a Nojaris, nella Chiesetta di Sant’Orsola, dove la costruzione del secolo XVIII ha inglobato elementi murari degli edifici precedenti, salvando fortunatamente alcuni lacerti di affreschi trecenteschi attribuiti alla cerchia friulana di Vitale da Bologna. E per finire, tra gli edifici campestri merita una visita la Chiesetta di San Nicolò, immersa nella campagna di Sutrio, silenziosa custode dei campi e dei primi boschi che lambiscono il paese.
La piccola chiesa, rifatta nel corso del settecento risale nelle sue linee originarie al secolo XV. Il semplice interno ad un’unica navata conserva un pregevole altare ligneo settecentesco intagliato dal cadorino Eugenio Mangani (esecutore dell’altare maggiore della chiesa di Ognissanti), che fa da cornice ad una pala tardo cinquecentesca eseguita da Giovanni Antonio Agostani.
Queste sintetiche note che non hanno sicuramente la pretesa di essere esaustive sulla effettiva consistenza del patrimonio storico-artistico del paese, speriamo non manchino di sottolineare quanto siano importanti la sua concreta conservazione, valorizzazione e salvaguardia. Il patrimonio di un paese è, infatti, prima di tutto, un bene collettivo che tramanda, attraverso i secoli, la specificità culturale della comunità che lo ha espresso. E quella di Sutrio è una comunità antica e laboriosa, fedele alle origini artigiane della sua gente, radicata nella sua terra, posta sotto l’ombra protettiva dello Zoncolan, tra le acque nervose del torrente But e le suggestive cime dell’Arvenis, quasi come in un grande scenario presepiale.